Io e la Fotografia: Quando e come è nata!

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Ecco è arrivato il momento di raccontarvi, come promesso, me e la fotografia.
Dovete sapere che c’è chi quasi si commuove quando racconto che oggi la fotografia per me è una professione e c’è chi dice: “Cosa?” “Da dove viene fuori”?
Io resto sempre un po' perplessa di fronte a questa risposta, ma è anche vero che non ho mai sbandierato questa passione (anche se mi pareva di sì), come è vero che molta gente non mi conosce.

Quello con la fotografia è un legame che arriva da lontano, nel tempo e nello spazio, dato che il primo laboratorio di fotografia l’ho seguito in quinta elementare, in Calabria, con una fotografa alta (almeno rispetto a me), sottile e con i capelli cortissimi. Potremmo anche tirare fuori inconscio, Freud, psicanalisi raccontando che mio padre appena nata, mi fece un servizio newborn terribile, con una piccola e leggera macchinetta e con una mamma dalla faccia stravolta. Forse arriva da lì.

Per molto tempo non ci penso più e poi ritorna durante il periodo universitario.




Era il 1999 o il 2000 e seguivo un corso di Storia e Tecnica della Fotografia, con un grande storico della materia, elegantissimo con i suoi papillon colorati a lezione.
Durante queste proiettava le immagini dei più grandi fotografi della storia.
Ricomincio a pensare che la fotografia ha un senso per me, precisamente nel momento in cui proietta l’immagine di un bambino, tra tanti.
Sono a fuoco solo i suoi occhi, tutto il resto è sfocato.

Ho due enormi occhioni neri puntati su di me.

Sei mesi dopo acquistavo la mia prima reflex, bellissima, usata, semiautomatica.
Mai avuto giocattolo cosi bello.

Dovrei ringraziare chi, in quel periodo, mi ha consigliato di fare fotografie piuttosto che guardarle su riviste e cataloghi, chi mi ha seguito nelle prime uscite in cui fotografavo anche i moscerini, chi mi ha consigliato di seguire un corso con un grande della fotografia italiana che mi ha dato speranza, ma mi ha anche bacchettata, chi mi ha regalato il primo ingranditore, permettendomi di imparare a stampare, annusare acidi, toccare carte baritate e politenate, anche se per poco.

Qualche anno dopo sarebbero stati abbandonati in magazzino e il digitale avrebbe “conquistato il mondo”.

Nonostante questo approccio felice e pieno di speranza, per molti anni ho tenuto questa passione solo per me. Forse le aspettative erano grandi e non mi sentivo all’altezza. Gravitavo attorno a fotografi impegnati in ricerche che capivo ma che, a quel tempo, non mi appartenevano e ho iniziato a sentirmi inadeguata.

Nonostante la perdita di entusiasmo sono passata al digitale e fotografavo per me e pochi amici ma il sogno rimaneva lavorare con la fotografia e... rimaneva solo un sogno.


I miei studi, un altro lavoro, la mancanza di coraggio, (pigrizia?) non mi permettevano di investire in questa professione.

Per fortuna crescere aiuta e chiarisce le idee, a volte. Per fortuna incontri persone a cui puoi raccontare e che ti sostengono.
Ricomincio a fotografare.
Qualcuno inizia a commissionarmi piccoli lavori, per lo più amici o conoscenti. Lo faccio nel tempo libero e “aggratis”.
Questo succede sempre più spesso ma comunque non ho il coraggio di cambiare lavoro.
(i tempi duri).
Finché il lavoro non trova il coraggio di lasciare me (una frase che ormai è uno slogan a casa mia).
Una serie di eventi spiacevoli, seguito dall’evento più FELICE della mia vita (la nascita di Matilde) mi allontanano da un’occupazione che mi ha mantenuta per 11 anni.
Dopo una prima fase di crisi mista a felicità, confusione e paura, qualcuno mi chiede di fotografare e pagarmi e piano piano le richieste aumentano.



Inizio a pensare che allora è arrivato il momento di mettermi in gioco.
Guardo mia figlia e mi sento sicura e impaurita, carica e stanca, onnipotente e piccolissima.
Le chiedo, anche se non può capirmi o meglio rispondermi, se vuole una mamma fotografa. 


Ho due enormi occhioni neri puntati su di me.
Come all’inizio tutto il resto è sfocato.
La risposta è chiaramente: Si!

E’ un 8 Marzo e io apro partita iva




2 commenti

  1. Prosit! Continua a...narrarti.
    Ròiss

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  2. Ora che so anche come tutto è iniziato, sarò una tua modella con ancora più gioia e felicità!
    Brava!

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