Nonno Rock e i consigli sulla musica per bambini in viaggio

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Sapete da dove nasce la mia passione per i viaggi e prima ancora per la musica? Da mio padre!
 
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È grazie a lui se ho potuto viaggiare sin da piccola ed è sempre grazie a lui se la musica accompagna tutti i momenti più importanti della mia vita e se, spero, mio figlio possa amarla allo stesso modo.
Sull’onda di questo ritmo, mi è sembrato quantomeno doveroso coinvolgere il “Nonno Rock” di Baby P., stante la sua “non trascurabile” cultura musicale (ha scritto libri sul Rock ed in particolare sui Beatles), chiedendogli, pertanto, un parere sulla musica adatta per un viaggio con suo nipote… Buona lettura!

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“Trovare della musica adatta (a mio nipote, 2 anni circa), per un piccolo viaggio, è facilissimo: bisogna solo cercare materiali negli ambiti sonori facili e allegri e preferibilmente cantati (Bach e Mozart mettiamoli pure da parte, non pensavano ai bambini, credo).
In questo quadro, il canto più adatto ai piccoli deve essere sia maschile che femminile. Meglio in canzoni a due voci con debiti controcanti; questa combinazione gli farà pensare, nello stesso tempo, sia alla mamma che al papà.

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La lingua non conta: nei primissimi anni, infatti, non si è in grado di dare un senso alle parole.
Nella ricerca di una compagnia sonora, pensando a spostamenti ricchi nelle diversità di paesaggi incontrati, i Mamas and Papas di "California Dreaming" o la "Living on a Jet Plane"  di Peter Paul and Mary, le rare canzoni dei Dave Clark Five, i primi Simon and Garfunkel o massimamente i primi Beach Boys, ritengo siano il massimo che gli si possa offrire; lasciandosi casa alle spalle, peraltro, anche il positivo senso di gruppo affiatato espresso dai primi Beatles (Love me do, P.S. I love you, Twist and Shout) è in grado di creare una forte voglia di aggregazione, fonte di stimoli per il cuore.
Il massimo risultato, inoltre, credo lo si ottenga di fronte alle immensità che sia il mare che l'altezza delle montagne sanno esprimere ai loro sensi: parlo di imprinting inconsueti che non è automatico, per loro, connettere ai paesaggi domestici o quasi in cui si porta avanti, ogni giorno, la vita.

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In ogni caso, al di là delle visioni, i  bimbi hanno sempre una capacità di lettura essenziale della musica superiore a quella degli adulti: loro capiscono subito, meglio dei "grandi", che la combinazione delle note è, in modo grandioso, un fattore di comunicazione, ed anche di vera e propria espressione di idee magari astratte; lo capiscono meglio di molti di noi, perchè conoscono altre chiavi di lettura espressa (lettere, codici, simboli, formule e così via) e perche' si accostano al fenomeno in modo radicalmente istintivo, come se fossero degli splendidi esseri forestali, montani o marini.
Ritengo, quindi, che la strada principale con la musica debba essere quella della semplicità non banale.
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Tornando, infine, alla musica rock primordiale dei Fab Four (i Beatles), vedo benissimo anche "From me to You", "Yellow Submarine", "Thank you Girl" e "Please Please Me": il bimbo sente di voler fare, in qualche modo, parte di un gruppo musicale, che esprime le note in modo allegro e positivo (non solo i Beatles, quindi, ma tutta la musica del dopoguerra storico, anni 50/60 e seguenti) e questo gli consente di sviluppare una tendenza a "legare" col collettivo, espressa nei brani.
È una voglia naturale di superare il senso di solitudine che percepisce per natura intorno a se': una condizione, questa, che gli sembra meno ricca di quella che gli fa sentire un gruppo multiplo amabile grazie alla musica prodotta.

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È evidente, comunque, come, a tale scopo, sia possibile ricorrere anche a brani più moderni: parlo di “Shimbalaye'” di Maria Gadu, “Cactus in the Valley” dei Light, "We are young" dei Fun, sonorità, queste, che rendono funzionale la musica ad essere un rimedio contro le oppressioni urbane (folla, traffico) anche al di là degli spostamenti impegnativi per distanza coperta”.
 
 
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