Il modo di comunicare del bebé: piangere!

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Come comunicano i neonati



Se per l’adulto il pianto ha una connotazione negativa in quanto  sinonimo di malessere e tristezza, per il bebè rappresenta il modo di esprimere i suoi desideri, le sue sensazioni, dunque di comunicare con l’ambiente. Alla nascita il pianto, che esprime la vitalità del bebé, è allo stesso tempo espressione di gioia per aver superato i rischi del parto, ma anche di angoscia di trovarsi in un ambiente con caratteristiche tanto diverse da quelle dell’utero materno a cui era abituato.
Le sensazioni che il bebé prova alla nascita sono infatti di profonda insicurezza: luci, rumori, mancanza di liquido in cui era immerso rappresentano delle novità a cui deve per forza adattarsi per sopravvivere. Tuttavia non è in grado di riuscirci da solo, senza l’aiuto dell’adulto, che perciò cerca di attrarre con il pianto, perché venga in suo soccorso e lo aiuti a vivere.

Il modo di comunicare del bebé: piangere!


Il pianto rappresenta dunque una primordiale forma di linguaggio che esprime desideri diversi con tipi di pianto differenti  in termini di cadenza, timbro e latenza (cioè il tempo trascorso prima del suo inizio): 


  • di fame: girando la testa come a ricercare il seno
  • di disagio: causato da un ambiente non confortevole e inadeguato o dalla necessità di essere pulito e cambiato
  • di dolore: straziante e acuto, seguito solitamente da una breve apnea e da successive urla che spesso continuano anche se preso in braccio e consolato;
  • di noia: tenue;
  • di stanchezza e scarico tensione: ritmico, si ripete con regolarità solitamente a fine giornata e serve a sfogare la tensione accumulata durante il giorno
  • di richiesta: forte, ad esempio se sente freddo o caldo o se ha necessità di cambiare una posizione tenuta troppo a lungo.

Quando il pianto si prolunga, mette in ansia il genitore che all’inizio non è in grado di decodificarlo, di capire il significato delle variazioni di intensità e tonalità. Ecco il motivo per cui è fondamentale, durante le prime settimane dopo la nascita, dedicare del tempo all’osservazione del bebé per imparare a conoscerlo, a capire il significato del suo pianto e per non proiettarvi le proprie sensazioni di inadeguatezza ad accudirlo (cosa che aumenta la sensazione di mancanza di contenimento che prova il bebé e dunque ne intensifica il pianto)

Il pianto del bebé non va mai ignorato ma accettarlo senza ansia e con pazienza, consolandolo attraverso il contatto fisico o anche soltanto parlandogli con un tono di voce dolce e pacato, che gli faccia  sentire la propria presenza.
La capacità di consolarsi da soli varia da un neonato all’altro: alcuni fin dalla nascita sono in grado di farlo, cercando di mettersi una mano in bocca, succhiando il ciuccio o semplicemente ascoltando la voce della madre se riesce a esprimergli tranquillità. Altri invece hanno bisogno di un maggiore contatto fisico, che tuttavia li agita ulteriormente se percepiscono la tensione di chi li prende in braccio.

Dott. M. Marcone


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