Diastasi addominale post parto

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Diastasi addominale post parto. La testimonianza di una mamma che si è fatta operare per guarire.


Ho sentito parlare di diastasi per la prima volta ad un incontro di Yoga mamma-bambino, che seguivo quando ero in maternità, con una ostetrica del mio consultorio; mi aveva spiegato che era una cosa del tutto fisiologica per le neomamme ma da non sottovalutare se si desiderava fare attività fisica nei primi sei mesi post-parto. 

Mi aveva mostrato come fare un’autovalutazione del proprio addome: sdraiandoti a pancia in su e tirando su la testa come se stessi facendo gli addominali, potevi vedere, una volta che gli addominali si irrigidivano una protuberanza (chiamata anche “pinna”) in prossimità dell’ombelico. Mettendo le dita su di essa si poteva verificare quante dita sprofondavano tra i muscoli retti e capire più o meno di quanti centimetri era la distasi.

diastasi
foto di Sara Mariani 


Potete vedere il mio video dove spiego il tutto qui: video diastasi

Loris aveva due mesi quando ho fatto la mia prima autovalutazione. Io avevo circa due dita e mezzo di separazione e questa ostetrica mi aveva detto che non era una diastasi grave e con i giusti accorgimenti avrei potuto recuperare un paio di centimetri.

“Recuperare” non “risolvere” perché purtroppo non è una cosa che si sistema del tutto, per nessuna neomamma; i muscoli retti rimangono separati una volta che si sono strappati. 
Io, ignorantemente, non mi sono fatta seguire da nessuno e ho iniziato a fare un po’ di attività fisica per cercare di smaltire un po' dei 20 kg messi in gravidanza. Avevo ricominciato a correre un paio di volte la settimana e a fare un po’ di addominali, non in maniera esagerata, ma con incoscienza.

Anche se nessuno me lo ha confermato, informandomi un po' sul web ho scoperto che forse avevo solo peggiorato la situazione facendo così; ho stressato troppo il mio corpo e non gli ho dato il tempo di riprendersi come si deve. 

Quando i muscoli retti sono separati, se si fanno gli esercizi nel modo sbagliato, si rischia solo di peggiorare la situazione perché i muscoli sotto sforzo tendono a separarsi ancora di più. A distanza di dieci mesi dal parto ho deciso di iscrivermi a nuoto anche se avevo già capito che c’era qualcosa che non andava nel mio addome da diverso tempo; avevo dei gonfiori anomali ogni volta che mangiavo, tanto che avevo chiesto di fare i classici esami per le intolleranze a glutine e lattosio (risultati poi negativi). Mi sembrava di essere ancora incinta perché sentivo e vedevo dei movimenti che sembravano proprio quelli di Loris quando era in pancia.

Poi ho scoperto che questi movimenti erano dovuti all’ernia ombelicale e alle viscere del mio intestino che nel momento della digestione si mettevano in moto e non avendo più la parente addominale unita che le tratteneva, potevo vederle con i miei occhi.

La pancia piatta l’avevo solo al mattino; ma non era una pancia normale, era piena di solchi. Non era una situazione piacevole da vedersi, né esteticamente, né per la mia salute. Avere degli organi interni cosi esposti è pericoloso.

Ho deciso di fare nuoto perché come ogni donna ho pensato “tonifichiamoci un po' prima della prova costume! ...magari questa pancia va un po' giù...!” così sono andata dal mio medico di base per farmi fare il certificato per praticare attività sportiva e, mentre ero lì, gli ho chiesto di controllarmi l’addome. Lui ha capito subito, tastandola, che avevo un’ernia ombelicale e un problema di diastasi. Dal quel giorno ho iniziato a fare ricerche su ricerche e ad immergermi in questo nuovo mondo.

Ho richiesto di fare subito una visita dal chirurgo perché facendo un’autovalutazione avevo visto che la separazione dei muscoli da 2 dita era arrivata a 4; sul web avevo letto che quando si arriva a circa 5 dita il problema non è più risolvibile con trattamenti dall’osteopata o con della ginnastica dolce, ma l’unica soluzione era l’intervento.
Avendo anche un’ernia ombelicale vi era il pericolo che si strozzasse, quindi mi sarei dovuta far operare in ogni caso.

La prima visita che ho fatto mi sono fatta incantare da un chirurgo, di cui preferisco non fare nomi, che mi aveva fortemente sconsigliato di operare la Diastasi e che secondo lui incominciando a fare un bel po' di attività fisica avrei potuto rinforzare la parete addominale per poi operare solo l’ernia. Non voleva operarmi subito perché lo stato dei miei muscoli non era favorevole per una buona riuscita dell’intervento, quindi mi avrebbe rivisto a distanza di sei mesi. Quando operano l’ernia (sia ombelicale che inguinale) ti posizionano una rete davanti in modo che questa non esca più dal buco che si è creato.
Quel chirurgo mi aveva spiegato che era meglio affrancare questa rete su dei muscoli forti piuttosto che sui miei che erano completamente distrutti. Così sono tornata a casa, felice di poter evitare l’intervento che avevo letto sul web essere molto invasivo e doloroso, e per circa 10 giorni mi sono allenata come si deve pensando che da li a 6 mesi sarei stata operata solo di ernia.

Io di natura sono molto curiosa e per quanto questo medico mi avesse veramente persuaso con la sua spiegazione molto professionale, c’era comunque qualcosa che non mi tornava; tutti i siti web sconsigliavano attività fisica perché peggiorava la situazione. In fatti dopo soli 10 giorni di allenamento, facendo un’altra autovalutazione, avevo visto che la situazione era peggiorata, da 4 dita riuscivo a far passare quasi tutta la mano. È venuto fuori poi che quel chirurgo non sapeva operare la distasi.

Un giorno la mia collega di lavoro mi ha dato i contatti di un suo caro amico chirurgo a cui potevo rivolgermi per avere un ulteriore parere così ho fatto la seconda visita. Non faccio nomi perché non voglio fare pubblicità o sponsorizzare nessuno, dico solo che lui lavora al Fatebenefratelli di Milano e privatamente in alcune cliniche molto rinomate sempre a Milano.

Come prima cosa, a differenza del primo medico, mi ha fatto una ecografia e da li si vedeva l’ernia e la diastasi che era di circa 6 cm; mi ha subito consigliato di operarmi spiegandomi che poteva essere molto doloroso e complicata poi la gestione casalinga e famigliare, però mi aveva anche spiegato che l’ernia era da operare per via del rischio di strozzamento (L'ernia strozzata si presenta quando il foro di uscita dell'ernia si stringe intorno all'ansa intestinale fuoriuscita fino a bloccarne l'afflusso sanguigno. Questa condizione causa forti dolori e, se non trattata immediatamente, può portare alla necrosi di una parte dell'intestino.
A questo punto si configura la necessità di un intervento di urgenza che può concludersi, oltre che con la riparazione dell'ernia, anche con la rimozione dei tessuti necrotizzati fino alla resecazione di una parte dell'intestino).

Questo chirurgo non voleva operarmi l’ernia senza sistemare la distasi perché c’era il pericolo che la rete che andavano ad applicarmi cedesse a causa della separazione dei miei muscoli che era destinata solo a peggiorare. Ero destinata ad una vita prima di sport o sforzi fisici. Se la parete addominale si allargava ancora di più c’era il rischio che la rete applicata per l’ernia si staccasse e quindi avrei dovuto farmi rioperare cadendo in un circolo vizioso. Tramite il mio lavoro ho una buona assicurazione sanitaria che mi copre anche gli interventi di chirurgia di qualsiasi natura e tipologia, così ho deciso di intraprendere la “strada del privato”. Con il servizio sanitario nazionale il mio intervento sarebbe passato e me lo avrebbero coperto interamente perché avevo i due requisiti richiesti: un’ernia e una diastasi superiore ai 5 cm. Altrimenti non ti operano in quanto non la considerano come patologia “grave” ma solo un difetto estetico.
I tempi di attesa però sono lunghissimi (1 anno minimo) perché pochi chirurghi la operano e non in tutti gli ospedali (molte donne sono costrette a spostarsi di svariati kilometri) Io non potevo, ne volevo, rischiare che l’ernia si strozzasse per non finire operata d’urgenza dal primo chirurgo di turno che non avrebbe considerato minimamente la diastasi.

Questo chirurgo fortunatamente era convenzionato con la mia assicurazione così in tempo 2 settimane dalla visita la mia operazione era stata programmata e a distanza di 1 mese mi hanno operato. Mi sono affidata alla Casa di Cura La Madonnina di Milano dove mi sono trovata benissimo: trattamento da hotel a cinque stelle! Vi avviso però che i costi sono esorbitanti, se non avete un’assicurazione dovete considerare di investirci almeno 10.000 euro. Sono tutt’ora in ripresa post-operatoria però ormai, a distanza di mesi, la situazione è decisamente migliorata.
Le settimane più critiche sono le prime tre perché in quel periodo si hanno forti dolori e non si può fare nulla.

Come da indicazioni ben precise del mio chirurgo non potevo fare nessuno sforzo, neanche per alzarmi dal letto (dovevo farmi aiutare). Non potevo prendere in braccio Loris, non potevo tossire o starnutire liberamente, non potevo sollevare nessun peso. Ho fatto la vita da Bradipo, camminando gobba e a rallentatore. Passate le prime tre settimane ho avuto l’ok per rientrare al lavoro (in quanto impiegata sto sempre seduta e non faccio sforzi) e da quel giorno la ripresa è andata alla grande.

Fortunatamente il mio corpo ha reagito bene e non ho avuto nessun rigetto della protesi che mi hanno impiantato. A me hanno fatto un’addominoplastica ‘completa’ (so che a ragazze operate con il servizio sanitario nazionale hanno fatto un addominoplastica ‘parziale’, con il rischio che la protesi si muova e il lavoro possa essere stato fatto invano). La protesi è di circa 30 cm di altezza per 15 cm di larghezza e me l’hanno cucita tutta intorno ai due retti addominali (quelli centrali) che si sono separati. Al momento ho solo qualche dolorino qua e là se esagero a fare sforzi e movimenti che invece dovrei ancora controllare meglio.

Sono tornata a prendere in braccio mio figlio dopo cinque settimane dall’intervento e ora posso tornare a fare nuoto; mentre tutti gli altri sport e le attività fisiche che implicano un grosso sforzo dell’addome sono rimandati a settembre. Ho ripreso in braccio mio figlio solo quando i punti che mi hanno messo (sia interni che esterni) si sono riassorbiti. Dovevo aspettare la ferita si rimarginasse bene. Ammetto che una grossa scocciatura è stata quella di dover indossare la pancera giorno e notte per tutti i primi due mesi. Questo infatti non è un intervento da fare d’estate!!! Ora la utilizzo solo di giorno quando esco per non sforzare troppo i muscoli, ma piano piano la sto eliminando del tutto.

Mi hanno spiegato che per una ripresa totale, al 100% devo attendere ancora 3 mesi, cioè 6 in totale dal giorno dell’operazione. Ho ancora un po' di strada da fare però sono molto soddisfatta e anche se rimarrà una brutta cicatrice sono contenta e credo di aver fatto la scelta migliore per me.

Sara Mariani 

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